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L'aria di Parigi

L'aria di Parigi

La Parigi di Simenon e Maigret, del Cinema, dei Bistrot, delle Canzoni, della Malavita.


Corinne Luchaire una storia del cinema francese

Pubblicato da Fulvio Nolli su 15 Novembre 2023, 02:00am

Tags: #Corinne Luchaire, #Attori ed Attrici Francesi

Una vita in tempesta per Corinne Luchaire.
Corinne Luchaire una stella bruciata in fretta dalla vita.

Corinne Luchaire una stella bruciata in fretta dalla vita.

Corinne Luchaire astro del cinema francese.

Corinne Luchaire è stata una famosa attrice francese. Oggi, fuori dal ristretto ambito dei cinefili accaniti, pochi la ricordano, ma per una breve manciata d’anni, esattamente dal 1938 al 1944, la sua immagine fu ben nota al grande pubblico in Francia, Italia, negli Stati Uniti e in gran parte d’Europa.

Corinne compare all’improvviso nell’Olimpo del Cinema francese. La vita di una rosa, il bagliore di una stella.

Il suo nome è sulla bocca di tutti, la sua voce risuona alla radio, il suo volto inonda manifesti e giornali.

Una vita veloce quella di Corinne Luchaire: Il debutto nel cinema a 15 anni, quello in teatro a 16. Diva internazionale a 17, undici film in cinque anni. Un matrimonio a 21, durato pochi mesi. Una figlia, Brigitte, a 23, da un ufficiale tedesco durante l’occupazione della Francia. Poi, a 25, la condanna e il carcere. La libertà, la miseria, la morte. Tutto prima dei 29.

Quella di Corinne Luchaire è una storia breve. La storia di una donna e di un’attrice, ma anche quella di un cliché. Il consumato cliché dell’enfant terrible del Cinema francese d’anteguerra. Un mito nato insieme alla sua fama e che l’accompagna ancora oggi.

La vita di Corinne Luchaire raccontata "à l’envers".

Per raccontare di lei è forse meglio iniziare dalla fine. Tornare a quella sera del 22 gennaio 1950.

Una cena tra amici: quelli rimasti nonostante tutto.

Dopo il carcere ed il processo del ’46, la condanna a dieci anni di indegnità nazionale, la fucilazione del padre, le confische, il processo civile, ora Corinne è tornata a Parigi.

Ora, seduti intorno a lei nella sala ristorante,  tutti gli amici fidati.

Il regista Jean-Charles Tacchella, il commediografo e scrittore Pierre Barillet e, soprattutto, l’uomo che più di tutti l’ha apprezzata e compresa: il regista Léonide Moguy. L'uomo che la scoprì (anni dopo avrebbe fatto lo stesso con Ava Gardner), e la portò al successo internazionale, con il film Prison sans barreaux, in quel 1938 che ora sembra lontano quanto l’era glaciale.

Mancano esattamente 20 giorni ai suoi 29 anni, quel 22 gennaio 1950. In quel ristorante parigino lei c’è quella sera: non può mancare.

Un nuovo film e una nuova vita per Corinne.

Moguy la vuole per il ruolo principale del film che si appresta a girare in Italia.

Il 19 gennaio Corinne è stata a Roma. Ha firmato il contratto: il film si farà.

Ma la salute della giovane attrice peggiora ancora: l’inizio delle riprese è rinviato.

Ora la pervicace caparbietà con cui ha perseguito la sua stessa autodistruzione fisica, sembra volerla impiegare in quell’estremo tentativo di riscatto. Tornare sul set, lavorare di nuovo, avere ancora un pubblico.

Suo padre prima di morire fucilato le ha inviato una lettera. Ha affidato a lei le sorti economiche della famiglia. L’ha esortata a comportarsi in modo “responsabile”; lei ha sempre fatto quello che desiderava suo padre. Forse anche questo la spinge avanti.

A dicembre la condanna a dieci anni di indegnità nazionale è ridotta a soli cinque. Questo non la riabilita e nemmeno incrina la fama di frivola incosciente che accompagna da anni il suo nome, ma dimezza gli anni di ostracismo sociale e lavorativo nella nuova Francia del dopoguerra.

Ultimo spettacolo per Corinne Luchaire.

Quella sera è più pallida che mai, ma il portamento è lo stesso di sempre; anche senza pellicce e mantelli preziosi: lo stesso distacco, la medesima eleganza discreta.

È lì, anche se, probabilmente, a malapena si regge in piedi. Gli amici rimasti sono al suo fianco. Si parla di cinema, si fanno progetti, si rievocano episodi di pochi anni prima e che ora sembrano lontanissimi nel tempo.

Lei non mangia nulla, non può. Ad ogni colpo di tosse il fazzoletto è più rosso di sangue.

Ma lei è Corinne Luchaire! Non poteva mancare a quell'appuntamento.

Lei è quella che gli americani definirono "The New Garbo", la nuova Greta Garbo e il suo posto è al centro della scena!

È arrivato il momento che temeva da anni o che, forse, da anni cercava. L’ultimo set per l’ultima ripresa.

L'ultimo ciak di Corinne Luchaire.

Improvvisa arriva la crisi. Gli amici non se ne avvedono immediatamente, ma ogni sorriso si è spento sul volto della giovane atrice.

Una corsa in taxi nella gelida notte parigina. Una corsa inutile verso la Clinique Médicale Edouard Rist, nel XVI arrondissement. Corinne muore prima di arrivarvi.

L’ultimo ciak per Corinne Luchaire.

Alla fine il titolo del film che avrebbe dovuto girare, si rivela profetico: Domani è troppo tardi.

La pellicola uscirà nelle sale italiane il 21 settembre 1950 e in Francia a giugno dell’anno dopo. Nel ruolo che doveva essere di Corinne c’è un'attrice italiana la cui vita sarà segnata anch'essa da innumerevoli drammi: Annamaria Pierangeli.

L'attrice Annamaria Pierangeli nel 1954.

L'attrice Annamaria Pierangeli nel 1954.

Corinne Luchaire nella Tempesta Perfetta.

Un incidente d'auto e una terribile scoperta.

Per Corinne la tempesta perfetta è iniziata nel marzo del 1941. Un incidente d’auto con pochi danni apparenti, ma con una conseguenza irrimediabile: la scoperta da parte dei medici della sua tubercolosi.

La notizia non viene certo resa di dominio pubblico. Non è difficile. A quel tempo il padre di Corinne controlla praticamente tutta la stampa della Francia occupata. I giornali riferiscono dell’incidente alla famosa soubrette con poche righe, anche se in prima pagina.

Ma la cosa non può essere taciuta agli addetti ai lavori e saranno le compagnie di assicurazione a troncare, di fatto, la sua carriera di attrice.

Il film girato in Italia pochi mesi prima, sarà anche l’ultimo per Corinne Luchaire.

La vita le ha dato molto e tolto tutto, e molto prima di quanto il suo pubblico, e lei stessa, se ne renda conto.

È stata la tubercolosi a segnare il suo destino? Forse!

Piuttosto, è stato il cocktail esplosivo prodotto dalla malattia, dal successo precoce, dalla figura ingombrante del padre e da quella sua, indecifrabile indole, in bilico tra incoscienza sconsiderata e rivalsa prepotente.

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