La "Strana vita" di Corinne Luchaire.
Viviamo un’epoca che ha smarrito il senso del tragico. Tutti presi profondamente, intimamente, fra i tentacoli di una cultura socratica imperante. Dobbiamo sempre comprendere ogni cosa. Capire il perché.
Nel sapere è la virtù. Nella virtù la felicità. Dunque nell’infelicità la mancanza di virtù. La Colpa.
Così la storia di Corinne Luchaire diventa quella di una donna giovane, bella e famosa, che ha bruciato la propria esistenza tra feste, uomini e champagne. Una donna che ha tradito la Francia dando alla luce la figlia di un nemico, per poi morire di tubercolosi a 29 anni scarsi.
Una donna che non ha saputo capire. Che non ha saputo distinguere.
Una donna senza misura e senza discernimento. E tutto questo giustifica ampiamente la sua disgrazia e anche quel tanto di ingiustizia che può aver subito.
Quello che rimane di lei è il mito di una femme fatale, elegante, gelida e sconsiderata. Un mito ben riassunto nel risvolto del libro che Marco Innocenti le ha dedicato nel 2015: Il profumo di Corinne.
In realtà Corinne Luchaire ha vissuto la sua vita più come un sogno tragico che come un mito.
Una vita, la sua, come quella di tanti altri personaggi giovani e famosi in quegli stessi anni. Gettata, lei come loro, in un epoca di immane confronto tra concezioni ideali incompatibili. Epoca dilaniata da passioni opposte e inconciliabili.
Lei, più di tanti altri, condizionata dal precoce successo quanto dall’altrettanto precoce scoperta d’essere affetta da un male, la tubercolosi, che all’epoca lasciava poco o nessuno scampo a tanti giovani, ricchi o poveri che fossero. Per molti era solo questione di tempo e di attenzione. A lei mancarono entrambe le cose.
Non saprei dire esattamente il motivo, eppure mi viene di collegare la figura di Corinne Luchaire, a tre figure femminili protagoniste di altrettanti romanzi che con lei, in realtà, non c'entrano per nulla.
Forse perché la sua vita assomiglia molto a quella del personaggio di un romanzo. Trattandosi di un’attrice, sarebbe forse meglio dire di un film.
Uno di questi romanzi è Betty di Georges Simenon.
Forse perché l’età della protagonista del romanzo è la stessa di Corinne alla sua morte.
Soprattutto per quella sequenza d’apertura che vede Betty, ubriaca, fragile e dispersa, in un bar sconosciuto in piena notte. Sconvolta e scacciata di casa, dopo che il marito ha scoperto il suo tradimento e che, con l’atto formale di una semplice firma, le ha sottratto figli e dignità.
Mi viene anche di accostare le due protagoniste dell’opera di Simenon, a quelle della pellicola che consacrò, nel 1938, Corrinne Luchaire al successo: Prison sans barreaux film del regista Léonide Moguy.
Due donne di età diverse che si incontrano/scontrano, mentre l’una cerca di aiutare l’altra. Un uomo in comune, che finirà tra le braccia della più giovane e…ma le analogie finiscono qui; che poi è tutto diverso tra romanzo di Simenon e film di Moguy.
Quando Simenon, nel 1960, scrive questo suo romanzo, Corinne è morta ormai da dieci anni. Sono certo non pensasse minimamente a lei quando lo scrisse, ma fa lo stesso.
L’altro personaggio femminile è la Rosemary Hoyt di Tender is the Night (Tenera è la notte), dello scrittore americano Francis Scott Fitzgerald.
Qui il rimando è più semplice ed immediato:
“La bella fronte alta si arrotondava delicatamente dove i capelli, cingendola come uno scudo di blasone, esplodevano in riccioli e onde e boccoli biondo cenere e oro. Aveva gli occhi chiari, grandi, luminosi, umidi e splendenti, il colore delle guance era autentico, e irrompeva alla superficie dalla giovane pompa vigorosa del suo cuore. Il corpo aleggiava delicatamente sull’estremo limite della fanciullezza: aveva diciotto anni, quasi compiuti, ma era ancora coperta di rugiada.”Fitzgerald inizia a scrivere il suo romanzo nel 1925; Corinne a quell’epoca ha solo quattro anni. Lo scrittore americano è uso costruire i suoi personaggi ispirandosi a persone che ha conosciuto realmente e, quello della protagonista di Tenera è la notte, si ispira appunto ad un’attrice americana giovanissima, ma già molto nota: Lois Moran.
Ci sono almeno un paio di coincidenze che legano la figura della star americana a quella dell’attrice francese.
La prima è che debuttano entrambe giovanissime e Parigi. Lois quando gira il suo primo film (La Galerie des monstres, regia di Jaque Catelain del 1924), ha solo 16 anni. Corinne al suo debutto, in una parte minore (Les Beaux Jours di Marc Allégret), ne ha 14. Due ragazzine, entrambe, al debutto.
L’altra coincidenza è che la carriera cinematografica di Corinne Luchaire inizia proprio in quel 1935 che vede Lois Moran abbandonare le scene dopo il matrimonio con Clarence M. Young, pioniere dell’aviazione americana e uomo d’affari. Quasi un testimone passato di mano.
Come la Rosemary di Fitzgerald, Corinne Luchaire è giovanissima, seducente e famosa. Corteggiata da registi, aristocratici o presunti tali e dagli uomini più ricchi e potenti del momento.
Le feste mondane degli anni ’40 nella Parigi occupata dai tedeschi, almeno per come ci vengono descritte, ricordano un po’ l’esaltazione di quelle degli anni ruggenti negli Stati Uniti o a Parigi. La stessa sorda e impaziente corsa verso l’abisso, forse impensato, ma inevitabile.
Ma la salute di Corinne non è la stessa di Rosemary o di Lois Moran. C’è un male insidioso dentro di lei. Lo chiamavano Tisi o “mal sottile” ai tempi, oggi si dice più prosaicamente, tubercolosi.
La terza figura femminile evocata in me da Corinne Luchaire è quella della protagonista di un romanzo della saga dedicata da Simenon al suo commissario con la pipa: Maigret et la jeune morte.
Qui il collegamento è offerto dal legame con il padre che accomuna le due donne, quella vera e quella immaginata da Simenon. Un legame che può sembrare rivelarsi fatale ad entrambe, e in parte per varie ragioni lo è, ma in realtà è soprattutto la loro natura, la loro intera storia a condannarle fin dal principio.
Quella del padre è una figura centrale nella vita di Corinne Luchaire. Un po’ per il legame profondissimo che li lega ed un po’ per il ruolo da protagonista che l’uomo si trova a giocare, nella Francia degli anni ’40, durante l’occupazione tedesca.
Chi era, dunque, Corinne Luchaire e chi era l'uomo, suo padre, che tanta importanza ebbe nella sua vita e nel suo destino?