Pierre Drieu La Rochelle e il suicidio.
Pierre Drieu La Rochelle, al cospetto di quella che sarà anche la scelta definitiva della sua esistenza, quando la Storia gli presenterà il conto.
Agli inizi di novembre del 1929, a poco più di trent'anni, si suicidava Jacques Rigaut.
Lo scrittore stava ancora tentando di disintossicarsi dall'alcool e dagli stupefacenti, ma il suo suicidio era un destino cui pareva impossibile sottrarsi. In altri tempi aveva ancora potuto scrivere:
"Non ci sono ragioni per vivere, ma neppure per morire. La sola maniera che ci resta per testimoniare il nostro sdegno verso la vita è accettarla".
Ma il tempo per lui era ormai venuto, e il suo suicidio venne eseguito con estrema cura, dalla scelta dei vestiti, alla cravatta intonata e ben annodata, allo scrupolo di non commettere errori prendendo le misure con un righello per essere sicuro che la pallottola centrasse il cuore.
Drieu La Rochelle era amico di Rigaut e quella morte fu per lui un colpo molto profondo.
Rigaut era già entrato nelle opere di Drieu quando ancora era vivo, nel racconto "La valigia vuota" del 1921; dopo la sua morte, divenne il protagonista dell'abbozzo narrativo "Adieu à Gonzague", ma, soprattutto, costituì il modello del romanzo "Fuoco fatuo" (1931), che resta probabilmente il suo capolavoro.
Rigaut torna qui nei panni di Alain, drogato, scrittore fallito, dandy perennemente squattrinato; il romanzo ne segue l'ultima parabola, nell'arco di un giorno e di una notte, un breve, intensissimo pellegrinaggio per le vie di una città sempre più deserta, alla ricerca disperata di un appiglio per continuare a vivere.