Nel 2021 Anaïs Albert ha pubblicato La Vie à credit (La Vita a credito), un libro che consente un tuffo intenso e meticoloso nei mondi del consumo popolare, a Parigi, durante la Belle Époque.
La vita a credito di Anaïs Albert.
Una delle ambizioni di questo lavoro è decostruire le categorie intellettuali di consumo delle classi lavoratrici, esplorare il valore sociale degli scambi e delle merci nelle pratiche di consumo e studiare le pratiche e le relazioni del credito e dell’indebitamento.
Queste domande affrontate da un punto di vista storico, in forte risonanza con il nostro presente, sono dibattute in questa intervista dell’autrice a Bastien Cabot, dottorando a contratto presso l’EHESS.
Nella Parigi della Belle Époque, sempre più lavoratori, impiegati e funzionari minori hanno la possibilità di accedere al mercato dei consumi.
I guardaroba diversificavano il loro contenuto, gli interni popolari si riempirono di mobili, in particolare l’ambito armadio a specchio, e le decorazioni più diverse invadono le case di soggetti che, fino a quel momento, mai avrebbero pensato di poterne usufruire.
I lavoratori e gli impiegati con stipendi migliori riescono persino ad acquistare una bicicletta o una macchina da cucire.
Questo cambiamento di cultura materiale è reso possibile dall’aumento dei redditi delle classi lavoratrici e dall’instaurazione di nuove mediazioni: il credito prima – che dà accesso finanziario al consumo -, poi la pubblicità – che fa venire voglia di acquistare nuovi beni.
Georges Dufayel, anche se oggi dimenticato, ne è l’esempio migliore: costruisce un impero commerciale alla fine dell’800, un vero pioniere in questi due settori, sviluppando sia la vendita in abbonamento che la pubblicità sui muri di Parigi. I suoi grandiosi negozi, situati sul Boulevard Barbès e battezzati “Palais de la nouvelle”, diventano i templi del consumo popolare parigino.
Questi oggetti, le modalità per ottenerli e per usarli testimoniano una specifica cultura popolare, ancora segnata dalla vulnerabilità economica e dal ricorso all’intraprendenza, o all'”astuzia”, come direbbe Michel de Certeau.
Queste pratiche vanno dall’andare al Mont-de-Piété, all’acquisto di oggetti di seconda mano dai negozi di cianfrusaglie, a volte anche dal furto. Il rischio del sequestro di proprietà e dello sfratto dalle abitazioni è molto reale: gli oggetti nelle classi lavoratrici sono spesso “consumo transitorio”, stretto tra credito all’acquisto e pignoramento, e la continuità del possesso è ancora fragile.
La modernità commerciale convive quindi durante la Belle Époque con le pratiche di circolazione, di usi e di acquisizioni alternative, quelle di oggetti usati, riparati, recuperati o scambiati. Questi due rapporti con la cultura materiale e di mercato sussistono fianco a fianco, e i membri delle classi lavoratrici possono passare rapidamente dall’uno all’altro in caso di difficoltà, come dimostra il risorgere di un rapporto più tradizionale con le cose nel periodo di grande difficoltà come è stata, ad esempio, la prima guerra mondiale.
Toccando la storia della vita privata, gli scambi economici ordinari e la cultura materiale, quest’opera di Anaïs Albert, mette in luce sia le molteplici dominazioni che gravano sulle classi lavoratrici sia i piccoli assetti, le micro-resistenze, che attraversano la gente delle cose e le cose della gente.
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