Pierre Mac Orlan e il suo Le Quai des brumes.
Il porto delle nebbie nel risvolto Adelphi:
«Una donna disposta a sfruttare se stessa, corpo e anima, senza restrizioni, senza scrupoli morali e senza misticismo, è una forza della natura paragonabile all'elettricità, di cui si governano i capricci senza mai penetrarne il mistero originario».
È questa, per quanto «scandalosa» e «immorale» possa sembrare (e all’epoca la stampa non mancò di rimarcarlo), la conclusione alla quale giunge l'autore sulla soglia dell'epilogo del Porto delle nebbie.
Ma tant'è: dei cinque personaggi che il destino fa incontrare, una notte di neve, in una bettola di Montmartre (quel Lapin Agile che solo molti anni dopo diventerà famoso), l'unica a cavarsela davvero sarà Nelly, la fille de cabaret «al tempo stesso candida e furba» che finora non ha fatto altro che passare «attraverso l'esistenza come una foglia morta, una foglia bionda spazzata dal vento».
Al termine della memorabile notte trascorsa al Lapin Agile, dove sono stati costretti ad affrontare a colpi di pistola una banda di malviventi acquattati nel buio, i quattro uomini – il giovane squattrinato che aspetta un'avventura da «acchiappare al volo», il disertore della marina coloniale, il pittore tedesco che intuisce la presenza della morte nei luoghi che dipinge e l'inquietante macellaio dalle «terribili mani» – si avvieranno tutti verso un destino variamente funesto, mentre Nelly andrà incontro alla vita con passo da «conquistatrice».
Quando la ritroveremo, nel 1919, sarà diventata "la divinità della strada, ma di una strada arricchita dalle folli prodigalità di tutti gli scampati al massacro". "Sono tutti morti per la mia salute fisica e morale" penserà. E ad alta voce aggiungerà: "Naturalmente!".
Il porto delle nebbie edizione Adelphi con un saggio di Guido Ceronetti e una postfazione di Francis Lacassin.
È stato Céline, nel 1938, a scrivere su Mac Orlan parole definitive:
Aveva già visto tutto, capito tutto, inventato tutto.
Pierre Dumarchey, noto come Pierre Mac Orlan, è stato uno scrittore francese nato il 26 febbraio 1882 a Péronne e morto il 27 giugno 1970 a Saint-Cyr-sur-Morin.
Autore di un'opera abbondante e varia, iniziò scrivendo racconti umoristici, dopo aver tentato senza successo la carriera pittorica. Dopo la prima guerra mondiale, la sua ispirazione si volse al registro fantastico e al romanzo d'avventura. L'ultima parte della sua carriera letteraria è stata dedicata alla scrittura di canzoni, saggi e memorie.
Durante la sua giovinezza, nei primi anni del 20° secolo, Mac Orlan visse a Montmartre, dove fece amicizia con Guillaume Apollinaire, Francis Carco e Roland Dorgelès. Allo stesso tempo, soggiornò in particolare a Rouen, Londra, Palermo, Bruges.
I ricordi che conservava di questo periodo, quando i suoi mezzi di esistenza erano spesso precari, gli servirono da materiale per sviluppare un'opera con forti connotazioni autobiografiche, che influenzò, tra gli altri, André Malraux, Boris Vian e Raymond Queneau.
Pierre Mac Orlan fu testimone attento del suo tempo, affascinato dalle moderne tecniche e dai nuovi mezzi di comunicazione, ma tenendosi il più lontano possibile dalle vicissitudini della storia, forgiò la nozione di "fantastico sociale" per definire quello che gli sembrava essere il lato travagliato e misterioso del suo tempo.
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