Al momento della sua scomparsa, il 3 dicembre del 1932, Marcelle Romée era prossima a guadagnarsi un posto nel Pantheon delle grandi attrici di quell'epoca. L'epoca del Cinema "sonoro" che aveva ormai soppiantato il "muto" e si apprestava a donare al suo pubblico i tanti capolavori destinati ad incantare intere generazioni di spettatori.
Marcelle Romée dette buona prova di se in sole quattro pellicole, ma di buon valore. Una delle più note è il film Cœur de Lilas, realizzato da Anatole Litvak nel 1931.
Marcelle Romée una promessa tradita da se stessa.
Al pari di molti altri giovani artisti della sua epoca, Marcelle, riuscì a conquistarsi un posto d'onore in quel mondo fantastico e difficile, fatto di grandi onori, cocenti delusioni, applausi entusiasti, tristi e solitari tramonti.
Prima di poter cogliere il frutto del suo impegno, qualcosa ha ceduto dentro questa ragazza di ventinove anni, il cui corpo, sano ed atletico, ospitava un'anima troppo fragile o troppo timorosa, per reggere la pressione di quell'ambiente.
Il mondo del teatro drammatico, la ragazzina di Neuilly-sur-Seine lo ha amato fin da subito e ha voluto con determinazione farne parte. Eppure, nonostante il successo, qualcosa in lei si è presto spezzato. Qualcosa che, probabilmente, non sapremo mai con certezza.
Non sono poi molti i particolari noti della breve vita di Marcelle Romée.
Ovunque si cerchi ciò che emerge è sempre più o meno lo stesso.
Una gioventù serena e borghese, gli studi e il diploma, Parigi e i corsi di recitazione.
Poi le prime affermazioni, il teatro, il cinema, la follia e la morte.
Sembra esistere un libro in lingua francese, scritto da tale André Chavoire, dedicato alla vita di Marcelle Romée, ma è difficile da reperire.
Marcelle Romée, al secolo Marcelle Arbant, nasce a Neuilly-sur-Seine sabato 7 febbraio 1903, lo stesso anno di Georges Simenon, e, di certo, questa ragazza condividerà molti dei tratti che l'immaginazione dello scrittore belga affida ad alcuni dei grandi personaggi femminili dei suoi romanzi.
Neuilly-sur-Seine è un piccolo comune alle porte di Parigi, prediletto da tanti artisti e scrittori (lo stesso Simenon vi abitò per qualche tempo), che lo scelgono per risiedervi, trascorrervi le vacanze o venire a farsi curare qualche acciacco. Lì Marcelle trascorre la sua infanzia: in una famiglia piccolo borghese che non le fa mancare nulla e sogna per lei un avvenire altrettanto sicuro e borghese.
Di questo periodo della sua vita nulla sembra essere particolarmente significativo. La quotidianità di una bambina come tante, rotta soltanto dalle tempeste che l'esistenza riserva a chiunque, adulto o piccino che sia, quando a scatenarsi sono quelle forze imponderabili e tremende contro le quali opporsi è possibile. Nemmeno per il genitore più amorevole, che voglia preservare i propri figli da drammi e dolori.
Prima sarà la Senna, che nel destino di questa donna ha un ruolo importante, ha procurarle le prime apprensioni.
Marcelle non ha ancora compiuto sette anni quando, nel gennaio del 1910, la Senna rompe gli argini provocando la più grande inondazione della sua storia.
La maggior parte delle attività, anche a Neuilly, è bloccata dall'acqua del fiume, che invade ogni angolo della città, allaga interi quartieri, case e cantine. Mancano i generi alimentari e l'acqua potabile è distribuita da soldati e pompieri.
Poi viene la guerra e la triste domenica del 21 marzo 1915. Marcelle, a quel tempo, è solo una dodicenne.
È l'una di notte, quando quattro giganteschi dirigibili Zeppelin, sganciano il loro carico di 58 bombe sulla periferia parigina: a Neuilly-sur-Seine, Saint-Germain-en-Laye, Colombes, Courbevoie ed Asnières-sur-Seine.
Vi sono morti, feriti, case distrutte e famiglie sfollate. Momenti drammatici che certo restano nella mente di un bimbo.
Ma per fortuna la vita non dispensa soltanto tragedie e crescere a Neuilly-sur-Seine, e in una famiglia che le vuol bene, vi sono certo più momenti di gaia spensieratezza che dolori, per la giovanissima Marcelle.
La scuola, le compagne, i tanti giorni spensierati in quella bella cittadina a due passi dal Bois de Boulogne e la grande festa annuale: la Fête à Neu-Neu.
C'è una festa a Neuilly, o almeno c'era fino al 1936 (ripresa nuovamente da alcuni anni). Una festa popolare molto sentita in città: la Fête de Neuilly, detta anche Fête à Neu-Neu.
Un chilometro di bancarelle, giochi e spettacoli dalla Porte Mailot fino al ponte di Neuilly.
Venne istituita da Napoleone I nel 1815 ed ha rappresentato un appuntamento fisso, non solo per gli abitanti di Neuilly-sur-Seine, ma per migliaia di parigini.
Pierre Giffard, scrittore e reporter precursore del giornalismo moderno, così la descrive in un suo scritto:
Folla ! folla elegante; file di carrozze e di fiacres. Sopra la festa, che occupa quasi un chilometro di lunghezza,
più di trenta ghirlande di lampade dai vetri colorati diffondono fasci di luce sui separé e di tanto in tanto,
grazie al vento, una goccia d'olio sui passanti. A perdita d'occhio,
una fila ininterrotta di bancarelle rumorose si estende verso Courbevoie.
Intorno alle bancarelle, per strada, quasi diecimila persone, che assistono alle sfilate,...tirano al bersaglio,
mangiano pan di zenzero, divorano bastoncini di zucchero,
fanno esplodere palloncini di gomma...applaudono pagliacci...tutto questo,
a poche centinaia di metri dagli Champs-Élysées, che si addormentano nella calma della notte.
È difficile farsi strada tra i curiosi. Davanti a te, dietro di te, si allungano delle testoline,
che mostrano collini candidi come la neve e orecchiette rosse...rosse;
ti senti intorno alla testa piccoli petti che respirano con discrezione,
piccole guance che si svuotano per cercare di soffocare il sorriso,
piccole ciocche di capelli che ti solleticano il naso e gli occhi; finalmente ne porti tre curiosi sulle spalle.
Marcelle Romée Sogna la Comédie-Française.
Forse è durante queste feste annuali, che scandiscono le estati della sua adolescenza, che matura in Marcelle Romée il desiderio d'essere parte di quel mondo di artisti pieno di fantasia.
Il padre di Marcelle, Louis Arbant, è un onesto piccolo borghese impiegato in un'azienda locale. Ama quella figlia avuta ad ormai 48 anni e si preoccupa del suo avvenire come ogni genitore giudizioso. Un buon lavoro è, per una donna di quei tempi, più o meno una parentesi prima del matrimonio, ma è pur sempre una sicurezza per l'avvenire: che non si sa mai come vanno le cose.
Per una ragazza di buona famiglia l'insegnamento è un'ottima professione, rispettata e dignitosa, ed è l'avvenire che Arbant immagina per la figlia.
Marcelle studia. Non è appassionata di matematica o letteratura, ma è esuberante e piena di vita. Così si diploma come insegnante di educazione fisica e trova presto lavoro in una scuola di Parigi.
Il denaro guadagnato serve ad aiutare la famiglia, ma serve anche a lei: perché Marcelle ha un sogno ed è decisa a realizzarlo.
Nel suo cuore, la giovane, cova, in segreto, la passione per il mondo del teatro e la recitazione. Parlarne al padre è sicuramente inutile. Decide di iscriversi comunque al Conservatoire de musique et de déclamation, senza dire nulla ai genitori.
La futura Marcelle Romée inizia così a seguire le lezioni del famoso attore ed insegnante Jules-Louis-Auguste Leitner, Societario della Comédie-Française.
In qualche modo la famiglia Arbant deve essersi rassegnata ad assecondare le ambizioni artistiche della figlia, visto che la ragazza è accolta come "pensionnaire" nella Troupe della Comédie-Française e debutta sul palco, nel 1925, con l'opera, di Henry Becque, Les Corbeaux.
Nel 1926, ritroviamo Marcelle Romée fra gli interpreti di Carmosine, opera di Alfred de Musset, con la regia di Pierre Fresnay.
Quello stesso anno la Romée vince il Prix de tragédie e la sua carriera sembra correre già su binari ormai sicuri.
La Comédie-Française funziona in questo modo: quando un attore si unisce alla Troupe, viene sempre assunto, dall'amministratore generale, con lo status di residente (pensionnaire), indipendentemente dalla sua precedente carriera. Dopo almeno un anno di presenza, potrà essere proposto per il suo ingresso come societario nella Cooperativa di artisti: l'ossatura portante di questa autentica istituzione del teatro francese.
La carriera di Marcelle Arbant, che finalmente diventa Marcelle Romée, sembra quindi avviarsi con successo verso un destino da attrice drammatica.
Il 23 marzo del 1927, La Comédie-Française porta in scena un'opera del drammaturgo Saint-Georges de Bouhélier, Les Flambeaux de la noce, e Marcelle vi compare, accanto al mitico Jean Yonnel (il d'Artagnan del film Vingt Ans après del 1922).
Il 4 di giugno di quello stesso anno, la vediamo in scena in Lorenzaccio, altro lavoro di Alfred de Musset.
Marcelle Romée si impegna sia in ruoli classici, come in Les Legs, del drammaturgo settecentesco Pierre de Marivaux, e Le Misantrope di Moliére, opere andate in scena entrambe nel 1928, ma anche in opere di autori contemporanei, come Un déjeuner d'amoureux di André Birabeau, nel 1929, e Les Trois Henrys del drammaturgo, giornalista e scrittore André Lang, dove Marcelle, il 19 marzo del 1930, appare in scena, ancora al fianco di Jean Yonnel.
In quest'ultima occasione, quella che ormai è per tutti una giovane promessa del teatro francese, è accolta con grande favore di pubblico e critica; una carriera brillante e ricca di soddisfazioni sembra attendere questa nuova stella nascente del mondo del Teatro.
I ruoli si moltiplicano, il lavoro è pesante, ma quella è la vita che ha scelto per lei.
Anche fra i colleghi della Comedie, Marcelle, è molto popolare.
L'hanno ribattezzata con il nomignolo di "sauterelle verte", la cavalletta verde, ma non per cattiveria o gelosia. È per la sua figura snella e perché il verde è il colore che predilige indossare.
C'è anche chi la definisce la "chèvre", la capra, e questo per quella sua eccezionale agilità, frutto dell'intensa attività sportiva e degli studi di educazione fisica sostenuti da giovanissima.
Certo non è tutto rosa e fiori questo periodo della sua vita.
Ogni giorno c'è da studiare nuove parti a memoria. Prove di recitazione e ancora prove di recitazione. Soldi pochi e c'è da dare anche una mano ai genitori a casa. Una vita passata in treno fra Parigi e Neuilly-sur-Seine.
È nel 1930 che Marcelle Romée entra nel mondo del Cinema.
A volerla, come protagonista, in un suo film è il regista svizzero Louis Mercanton.
Mercanton è un uomo di Cinema, che si è fatto le ossa nel "muto" e ha lavorato con l'immensa Sarah Bernhardt. In quel momento ha al suo attivo una quarantina di pellicole: come regista, come sceneggiatore e persino come interprete.
In Marcelle Romée, il regista, vede: "Uno sguardo profondo e un volto sorprendentemente moderno" e la vuole per il suo La Lettre, film del 1930, adattamento di un racconto di William Somerset Maugham.
La produzione avviene vicino a Parigi, negli stabilimenti della Paramount a Joinville-le-Pont.
Il personaggio che Mercanton affida a Marcelle Romée è quello di una moglie delusa dal marito ed innamorata di un altro uomo, che, a sua volta, la tradisce e che ella uccide. Una storia scabrosa e controversa che la Romée rende al meglio.
Se il 1930 è l'anno del debutto di Marcelle sul grande schermo, il 1931 è un autentico tour de forse.
In quell'anno vanno in lavorazione ben tre film con la Romée protagonista. Tre pellicole che la consacrano come interprete di successo, ma che saranno anche le ultime della sua carriera e della sua vita.
Il secondo film di Marcelle è una produzione inglese della British International Pictures. Il film si intitola Le Cap Perdu e la Romée vi interpreta la moglie annoiata di un guardiano del faro. Altri due uomini se la contendono ed un drammatico epilogo sarà inevitabile.
La produzione è britannica e, come accadeva spesso allora, il film esce contemporaneamente in versione francese e tedesca, ogni volta con interpreti diversi, ma con la stessa regia: quella di Ewald André Dupont.
I colleghi di Marcelle, nella versione francese sono: il grande Harry Baur (che l'anno successivo sarà Maigret ne Il cane giallo), Henri Bosc e Jean Max.
Ancora un personaggio complesso, per Marcelle Romée, che sembra destinata ad interpretare figure femminili perdute e controverse.
Ma c'è anche chi la vede nel ruolo di moderna eroina popolare!
È con elogi come questi che la critica accoglie la prima apparizione cinematografica di Marcelle Romée.
(…) Marcelle Romée porta nel cinema francese il suo talento giovane e ardente, la sua sincerità espressiva, la sua scienza della dizione, pura, chiara e sempre profondamente umana” - Ciné-Miroir, 10 ottobre 1930 ).
Cœur de lilas, Il film più famoso di Marcelle Romée.
Sul finire di giugno del 1931, il regista di origini russe Anatole Litvak (nato a Kiev quindi oggi è forse meglio dire Ucraine, se non si vuole essere accusati di intesa con il nemico), da poco a Parigi dopo un periodo di lavoro in Germania, è in procinto di girare un film.
Si intitolerà Cœur de lilas, storia di una prostituta che si sacrifica per amore.
Nel cast André Luguet (già grande attore del cinema muto), Jean Gabin, un esordiente Fernandel e Fréhel. Come protagonista femminile Litvac vuole Marcelle Romée. Lei sarà Coeur de lilas: una povera prostituta sospettata di omicidio che si innamora dell'ispettore incaricato delle indagini e per amor suo si sacrifica e si uccide.
Un film impregnato dell'atmosfera fascinosa della vecchia Parigi dei Fortif e degli Apaches, giocato con maestria fra dramma, commedia e siparietti musicali molto popolari. Un Jean Gabin, all'inizio della carriera, che duetta con Fréhel, cantando il celebre pezzo di Serge Veber e Maurice Yvain: La môme caoutchouc.
André Luguet e il quasi esordiente Fernandel (solo quattro film al suo attivo contro gli otto di Gabin) che cantano Ne te plains pas que la mariée soit trop belle.
Soprattutto c'è lei, Marcelle Romée, con quel suo sguardo incredibilmente profondo, incantato e drammatico.
Il film viene girato fra luglio ed agosto del '31 ed esce nelle sale francesi il 13 marzo del 1932.
Ottiene un buon successo di pubblico ed è realmente un buon film. Vi si ritrova l'atmosfera della Parigi della Belle Époque, e vi sono alcuni piani molto audaci per l'epoca, come l'uso della gru per una lunga carrellata laterale.
Une nuit à l’hôtel, girato sempre in quel frenetico 1931, è una pellicola di Léo Mittler, un regista austriaco che da un paio d'anni vive a Parigi e lavora per la Paramount. Il film viene realizzato appunto ai Joinville Studios di Parigi, dalla filiale francese della Paramount Pictures.
Il film esce nelle sale francesi il 15 maggio del 1932. Interpreti, oltre la Romée che è la protagonista, Jean Périer, Betty Stockfeld, Maurice Lagrenée, Willy Rozier, Yvonne Hébert.
Ancora una storia d'amore e infedeltà. Una storia che potrebbe apparire come la solita commedia degli equivoci se non fosse per il tragico finale.
Sullo sfondo di un'hôtel della Costa Azzurra, si muove un caleidoscopio di figure ambigue che si incrociano ed intrecciano le loro vicende amorose: un colonnello che tradisce la moglie, la figlia del colonnello che flirta con Fred, l'amico di Fred, Emmanuel, innamorato di Marion, e Marion che pur innamorata di Emmanuel si concede a Fred, solo per noia di vivere, e poi si uccide, convinta che Emmanuel non potrà mai perdonarla per questo.
Ancora un suicidio sulla scena per questa magnifica attrice. L'ultimo interpretato nella finzione del grande schermo.
Quando, di lì a poco, il film apparirà nelle sale di provincia, il pubblico, in silenzio, non potrà evitare di accomunare la tragica fine di Marion a quella della sua interprete.
Perché è già il canto del cigno, per Marcelle Romée!
Tutto sembra filare nel migliore dei modi ed i sogni della ragazza di Neuilly-sur-Seine sono ormai ad un passo dal realizzarsi.
È riuscita nel suo intento di diventare un'attrice drammatica. Il suo lavoro è apprezzato e il talento di cui è dotata è ormai riconosciuto, dentro e fuori dell'istituzione in cui Marcelle si è formata: la Comédie-Française.
Finalmente le viene offerta l'ambita nomina a Sociétaire, passo fondamentale per essere veramente parte di quella istituzione.
Non è un mistero per nessuno, che la giovane artista ambisse a quella posizione e nemmeno che, da qualche tempo, avesse iniziato ad insistere perché le fosse riconosciuta.
Eppure quando l'occasione tanto attesa si presenta, Marcelle Romée, esita a lungo e poi rifiuta di firmare il contratto che la legherebbe definitivamente alla grande istituzione francese. È un piccolo scandalo interno, perché mai si è visto nulla di simile nell'istituzione drammaturgica francese.
Il perché di questo rifiuto è il primo mistero nella vita dell'attrice.
C'è chi sostiene che lo abbia fatto per timore di rimanere confinata, per troppo tempo, in ruoli secondari e che questo potesse rallentare la sua carriera.
Simonne Ratel, scrittrice e giornalista, in un articolo molto commovente dedicato a colei che era sua amica, assicura che Marcelle Romée ha lasciato la Comédie-Française perché era sicura che non avrebbe mai recitato lì, per molti anni, i ruoli che sognava.
Altri affermano che, Marcelle, avesse ormai deciso per un suo futuro nel Cinema, mentre una delle condizioni, per ottenere lo status di associato, fosse proprio quella di rinunciare al lavoro nella Settima arte.
Altri ancora ne fanno una questione di soldi sostenendo che il compenso per la sua attività nella Comédie-Française fosse scarso e, in buona parte, destinato a tornare nelle casse dell'istituzione stessa sotto forma di contributo al fondo sociale.
Il professor Leitner, che la conobbe fin dal principio della sua carriera disse, dopo la morte dell'artista, che ella era assai difficile da indirizzare, che aveva un carattere energico, ma, allo stesso tempo, molto sensibile ed emotivo.
La decisione definitiva viene presa per lei dal comitato direttivo che, visto il rifiuto dell'attrice ad accettare il contratto, le chiude definitivamente le porte nel gennaio del 1932. È il primo colpo alla sua stabilità interiore.
C'è stato un fatto di cronaca estremamente drammatico, accaduto il 2 luglio del 1929. Un fatto al quale non è certo che Marcelle Romée abbia assistito in prima persona, ma che è assolutamente impossibile non l'abbia toccata profondamente, perché è venuto a sconvolgere la normale esistenza di tutti coloro che vivono nel suo ambiente.
Forse ha contribuito a minare alcune delle sue certezze, ponendola di fronte alla precarietà dell'esistenza.
Accade al Conservatorio, mentre è in corso l'annuale Premio destinato ai giovani allievi nelle varie specialità: esecuzione musicale, recita (dramma e tragedia) e canto. Lo stesso premio che Marcelle Romée vinse nel 1926 e fu vicina a vincere nel '25.
Nel pomeriggio di quel 2 luglio, quando tocca ai maschi esibirsi, nella sezione Commedia, ecco, fra tanti drammi immaginati da blasonati autori classici, scatenarsi un dramma autentico ed imprevedibile.
Sono circa le sedici e tocca esibirsi al penultimo concorrente della lista. Il giovane studente si presenterà, alla giuria ed al pubblico, recitando un monologo dal Misantropo di Moliér.
Il concorrente sale sul palco, ma non per esibirsi: chiede aiuto! Un giovane collega esibitosi in precedenza, Élie Calvé, giace svenuto nel suo camerino da più di un quarto d'ora. Non si riesce a rianimarlo e nessuno sa cosa fare.
Il direttore annuncia una sospensione delle audizioni ed accorre con altri dallo sfortunato attore. Con gli accorsi anche un medico presente in sala, ma è ormai troppo tardi: Élie Calvé giace morto. Un infarto a soli 24 anni!
L'ambulanza arriva e trasporta il corpo inerme in ospedale. Al pubblico si tace la verità. Viene annunciata la sospensione della sessione ed il suo rinvio al giorno dopo, adducendo che il malore del giovane persiste ed i colleghi sono troppo agitati per proseguire.
Élie Calvé era un giovane particolarmente sensibile, molto dolce ed affabile. Figlio unico amatissimo dai genitori, amato e rispettato da tutti. È anche il nipote di Emma Calvé, una delle più grandi soprano francesi della storia, che il ragazzo considera una seconda madre. Il suo insegnante al Conservatorio è quello stesso Jules-Louis-Auguste Leitner che ha formato Marcelle Romée.
Probabilmente il cuore del ragazzo soffriva da tempo, ma in un individuo così giovane e sano, in apparenza, è difficile pensare alla possibilità di un infarto. Lo è anche al giorno d'oggi.
Nel settembre del '28 Elie si era già esibito in pubblico, sotto l'egida della zia Emma, durante una serata di gala, in favore d'una associazione benefica, al Casino de Vals.
L'emozione, dell'esibirsi davanti ad una giuria cosi prestigiosa, si è rivelato per lui fatale. Forse era troppo sensibile, troppo facile all'emozione. Oppure il suo biglietto di viaggio era semplicemente scaduto.
Ne parlano tutti i giornali. Il compianto è unanime. Monta anche la polemica e ad alimentarla è proprio il Direttore del Conservatorio, Hanri Rabaud, che denuncia pubblicamente il mancato obbligo di legge d'avere un medico presente nei teatri pubblici, mentre in quelli privati l'obbligo dell'assistenza medica esiste da tempo.
Naturalmente il Concorso non può essere sospeso, nemmeno la morte può fermare l'attività del Conservatorio.
Le audizione nelle varie categorie, maschili e femminili, riprendono già il giorno dopo. L'otto di luglio vengono riascoltati i giovani attori compagni di Élie e la giuria assegna i premi. Il primo premio si decide di assegnarlo alla memoria dello sfortunato debuttante. Per il resto è tutto come sempre.
Il funerale di Élie Calvé viene celebrato a Bourg-la-Reine, sono presenti François Poncet, sottosegretario di Stato alle Belle Arti, Hanri Rabaud, direttore del Conservatorio e una moltitudine di amici ed artisti.
È presente anche Marcelle Romée? Non è certo, ma è molto probabile. La fine di quel giovane collega l'ha colpita in qualche modo?
È possibile che questo drammatico episodio abbia minato nel profondo alcune sicurezze dalla giovane artista? Che abbia contribuito a portare allo scoperto la sua fragilità psichica?
Difficile a dirsi.
Rimane quel suo categorico rifiuto di associarsi alla Comédie-Française, che ella prenderà tre anni dopo.
Cosa accade alla ventinovenne Marcelle Romée in quell'anno 1932, per lei decisivo e fatale?
In principio d'anno l'attrice è, di fatto, fuori dalla Comédie-Française.
È traumatica per lei questa rottura? Probabilmente si. Forse abbastanza da aggiungere un altro tassello alla sua fragilità interiore.
Certo la sua carriera di attrice non è minimamente in discussione. Si appresta a girare un quinto film ed ha nelle mani un contratto con il théâtre du Gymnase Marie-Bell, che dal 1926 è diretto dal prestigioso Henri Bernstein. In quel momento fra i più apprezzati drammaturghi francesi viventi.
In primavera escono nelle sale i due film, che la vedono protagonista, girati l'anno precedente, Cœur de lilas e Une nuit à l’hôtel.
L'accoglienza di pubblico e critica è più che positiva per la giovane attrice.
Eppure questa crescente gloria non basta a dissipare i demoni che, a poco a poco, si impossessano di lei.
Il padre, Louis Arbant, se n'è andato l'anno prima a 77 anni. Il regista che l'aveva scoperta e introdotta nel mondo del Cinema, Louis Mercanton, muore il 29 aprile di quel 1932 stroncato da un infarto.
Soggetta a gravi attacchi di depressione, Marcelle Romée, viene ricoverata, nel mese di giugno, in una casa di riposo a Vésinet: la Villa des Pages.
La Villa des Pages è una clinica di primissimo ordine, specializzata nella cura delle nevrastenie. Idroterapia, Phototerapia, Elettroterapia. Chissà perché i risultati disastrosi di questa cura, su Marcelle Romée, non mi stupiscono minimamente.
In quel luogo che dovrebbe recuperarla ad una vita normale, l'attrice, tenta, una prima volta, il suicidio, gettandosi da una finestra al primo piano. Nessun danno grave, solo contusioni di scarsa importanza.
I medici diranno poi che non temevano particolarmente per la sua incolumità, che Marcelle era in via di guarigione e presto sarebbe stata dimessa.
In ottobre, l'attrice è ancora ricoverata e Henri Bernstein si trova costretto a sciogliere il contratto.
Sono le cinque del mattino ed è ancora buio, a quell'ora, il 3 di dicembre 1932. Una donna attraversa il ponte di Chatou, si ferma a fissare l'acqua nera che scorre sotto di lei. Indossa un cappotto ed un abito, entrambi verde scuro, un pullover giallo di lana lavorato a maglia, una sciarpa della stessa lana, scarpe nere in pelle di serpente.
Jeanne Larcher é una domestica che abita poco distante, al 4 della rue du Pont, e che si avvia di buon'ora al lavoro. Vede la donna da lontano, mentre si spoglia quasi completamente e depone abiti e scarpe, in buon ordine, sul parapetto del ponte. Poi la vede issarsi su quello stesso parapetto e gettarsi nel fiume. La domestica cinquantacinquenne prova ad accorrere, ma riesce solo ad intravedere la donna che si dibatte nel fiume: tenta alcune bracciate, poi scompare nell'acqua gelida. Accorrono anche alcuni operai che hanno assistito alla scena, ma è troppo tardi.
Jeanne Larcher si presenta al commissariato di Chatou. Forse per timore di non essere creduta ha portato con se gli abiti dell'annegata. La polizia accorre per le verifiche del caso e segnala l'accaduto ai commissariati vicini.
Una donna, di cui si ignora l'identità, si è gettata nella Senna all'alba, dal ponte di Chatou.
Quasi nello stesso momento alla Prefettura di Versailles arriva una segnalazione: alla casa di cura di Vasinet, la Maison des Pages, una donna di 29 anni, ricoverata per una grave nevrosi ha eluso la sorveglianza e si è allontanata dall'istituto nel cuore della notte. A segnalarlo i direttori della clinica per malattie nervose, una delle più all'avanguardia a quel tempo, i dottori Laulier e Mignon.
La donna risponde al nome di Marcelle Arbant, in arte, Marcelle Romée.
A detta dei medici la ragazza soffriva solo di nevrosi, non era alienata, era in via di guarigione e la sua permanenza in clinica era assolutamente volontaria. Nessuna particolare sorveglianza da eludere per potersi allontanare.
I medici riconoscono gli abiti della donna che si è gettata nella Senna. In verità, sostengono che Marcelle avesse con se la borsetta e dei soldi, ma la polizia non dubita minimamente della parola della portinaia, che afferma di non aver visto né borse né denaro. Forse la polizia dubita, al contrario, della parola dei medici e, chissà, sospettano che le cose, nella clinica, vanno un po' diversamente da quanto essi affermino.
La Senna restituisce il corpo di Marcelle la sera del 12 dicembre. Si pensava che la corrente l'avesse trasportato molto più a valle, mentre era a solo un centinaio di metri dal punto in cui la ragazza si è gettata. Colpa della nebbia.
Insieme al corpo della giovane donna, viene ritrovata la sua borsetta, con i documenti d'identità ed il denaro (170 franchi). Nessun mistero dunque, aleggia più intorno al suicidio dell'attrice.
La madre di Marcelle, Léonie Sylvie nata Lallemand, e la sorella con il marito, si precipitano a Chatou per il riconoscimento ufficiale della salma.
Giovedì 15 dicembre Marcelle Romée parte per il suo ultimo viaggio. Destinazione Neuilly-sur-Seine, al 90 di avenue du Roule. Sono solo una manciata di chilometri dal ponte di Chatou.
Alle dieci del mattino le esequie, nella chiesa di Saint-Pierre. Marcelle Romée se ne va, circondata da una folla di amici, colleghi e ammiratori. Non mancano le principali personalità della cultura e del teatro. Dopo la cerimonia funebre l'imponente corteo l'accompagna verso l'ultima dimora al Père Lachaise.
La stampa si scatena. Ancora prima che il corpo sia ritrovato i quotidiani fanno a gara nel cercare spiegazioni al gesto di Marcelle Romée.
Così il grande pubblico scopre che da sei mesi l'attrice è ricoverata in una famosa clinica di Vésinet.
Perché questo ricovero? Cosa è accaduto alla giovane stella nascente del Cinema francese?
A coprire la notizia sono soprattutto il Paris soir (che dedica un articolo anche ai funerali della giovane artista) ed Excelsior. Fin dal 5 dicembre riportano i fatti con dovizia di particolari.
I giornalisti scavano nel suo passato, come accade sempre in casi come quelli. I compagni del Conservatorio la ricordano determinata, gentile e corretta. I colleghi della Comédie ne lodano le virtù artistiche e l'onestà e, alcuni di loro, arrivano a dubitare che si sia veramente suicidata. Il suo antico professore, Jules Leitner, la ricorda cocciuta e fragile: difficile da indirizzare.
Tutti coloro che affermano di averla conosciuta in vita hanno, più o meno, una loro idea sul perché della tragica decisione.
Delusioni d'amore, misticismo religioso, droga, stress da eccessivo lavoro.
Nevrastenia è il termine più abusato. Una diagnosi che comprende tutto e non significa nulla.
Tutti i giornali pongono in evidenza "il gran rifiuto" della Romée. Perché l'attrice ha rifiutato lo status di societaria della più prestigiosa istituzione del teatro francese? Per paura? Per il cinema? Per l'esiguità dei compensi?
I medici che l'hanno avuta in cura si dicono sorpresi del suo gesto. La madre, a detta di alcuni giornali, non lo sarebbe per nulla.
C'è chi afferma che l'attrice abbia lasciato un biglietto d'addio in cui si parla di delusione amorosa, ma nessuno lo esibisce pubblicamente e nemmeno del fantomatico amante si sa nulla.
Niente di certo si può stabilire. Tante spiegazioni e nessuna.
Resta il ricordo di una donna di ventinove anni che sembrava aver realizzato il suo sogno. Restano i quattro film di cui Marcelle Romée fu protagonista e i personaggi femminili cui ha dato vita. Personaggi la cui tragica fine è così simile alla sua.
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