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L'aria di Parigi

L'aria di Parigi

La Parigi di Simenon e Maigret, del Cinema, dei Bistrot, delle Canzoni, della Malavita.


La letteratura populista francese

Pubblicato da Fulvio Nolli su 11 Aprile 2025, 17:38pm

Tags: #Scrittori Francesi

La Letteratura Populista Francese.

Il 27 agosto del 1929 appare sulle pagine del quotidiano parigino L'Œuvre il Manifesto del Populismo. Autore è lo scrittore e critico letterario Léon Lemonnier. Lo scopo è quello di lanciare una sorta di chiamata alle armi agli scrittori che vogliano rinnovare, in senso autenticamente realista, la letteratura francese.

Il Popolo protagonista della letteratura Populista francese.
Il Popolo protagonista della letteratura Populista francese.

Il Manifesto della Letteratura Populista.

Nell'articolo, intitolato Manifeste du populismeLémonnier esorta ad una rottura decisa con il passato e con il presente. Chiede che i protagonisti della nuova letteratura francese siano autenticamente popolari, chiede che la si smetta di raccontare vicende incentrate su quelle figure tipiche della Belle Époque, ormai superate dalla storia.

Chiede che il popolo minuto entri come protagonista nella letteratura, come sta entrando prepotentemente nelle vicende della quotidianità.
Ancora di più: chiede che nell'osservare il popolo si usi autentico realismo. Non l'esaltazione utopica viziata dall'ideologia politica, né la lente deformante del vecchio naturalismo alla Emile Zola.
Lémonnier indica come esempio del nuovo spirito che deve informare l'epoca, l'opera letteraria di un altro scrittore e critico di grande fama: André Thérive.

Una letteratura votata al realismo.

La pubblicazione di Lémonnier sul quotidiano L'Œuvre nel 1929 prende le mosse da un'opera di André Thérive pubblicata il 3 maggio del 1927 in Comoedia, dal titolo "Plaidoyer pour le naturalisme".

Successivamente Lemonnier specifica meglio il suo programma in altre due opere: Le Manifeste du roman populiste (La Centaine, 1930) e Le populisme (Renaissance du livre, 1931).
Lontano erede del naturalismo, il populismo di Lemonnier e Thérive intende prendere le distanze da Zola, al quale preferisce Maupassant e Huysmans; ma il vero riferimento è da loro indicato nel romanzo Picaresco.
Scrive Lémonnier:

I romanzieri Picareschi potrebbero aver già fatto ciò che vorremmo realizzare. Un picaro è un ragazzo del popolo che si muove da una città all'altra, cercando di cavarsela arrangiandosi.

Il Romanzo Populista Contro il Romanzo Borgese.

Nel Manifesto, Lémonnier posiziona il romanzo populista contro il romanzo borghese, ma ance contro il romanzo psicologico del dopoguerra, che definisce narcisista e che, a suo dire, esaltava una:

 

Letteratura di ansia e debolezza, uno stile da giovani borghesi che, rigettati nella loro vita piatta dopo una periodo di brutale azione e pericolo quotidiano, cercano di solleticare l'anima per sentirsi rabbrividire.

Il Populismo di Lémonnier.

Il populismo aveva essenzialmente l'ambizione di dipingere la vita del popolo, senza dubbio, ma ancor di più di "essere autentico" e di prestare maggiore attenzione allo studio della realtà, senza deviazione dallo stile e al di fuori dello scientismo elementare di Zola.
A questo punto direi che sia assolutamente necessario dare un'occhiata a questo benedetto manifesto della letteratura populista!
Eccone il testo in francese:

Un Manifeste du populisme, L'Œuvre, 1929
Nous en avons assez des personnages chics et de la littérature snob ; nous voulons peindre le peuple. Mais avant tout, ce que nous prétendons faire, c'est étudier attentivement la réalité.
Nous nous opposons, en un certain sens, aux naturalistes. Leur langue est démodée et il convient de n'imiter ni les néologismes bizarres de certains d'entre eux, ni leur façon d'utiliser le vocabulaire et l'argot de tous les métiers. Nous ne voulons point non plus nous embarrasser de ces doctrines sociales qui tendent à déformer les œuvres littéraires.
Il reste deux choses. D'abord de la hardiesse dans le choix des sujets : ne pas fuir un certain cynisme sans apprêt et une certaine trivialité –j'ose le mot– de bon goût. Et, surtout, en finir avec les personnages du beau monde, les pécores qui n'ont d'autre occupation que se mettre du rouge, les oisifs qui cherchent à pratiquer des vices soi-disant élégants. Nous voulons aller aux petites gens, aux gens médiocres qui sont la masse de la société et dont la vie, elle aussi, compte des drames. Nous sommes donc quelques-uns bien décidés à nous grouper autour d'André Thérive, sous le nom de “romanciers populistes”.
Le mot, nous l'avons dit, doit être pris dans un sens large. Nous voulons peindre le peuple, mais nous avons surtout l'ambition d'étudier attentivement la réalité. Et nous sommes sûrs de prolonger ainsi la grande tradition du roman français, celle qui dédaigna toujours les acrobaties prétentieuses, pour faire simple et vrai.

Il testo è noto e qui ne riportiamo una sommaria traduzione:

Un Manifesto del Populismo.

"Ne abbiamo abbastanza di personaggi chic e di letteratura elegante; vogliamo descrivere le persone. Ma soprattutto, ciò che pretendiamo di fare è studiare attentamente la realtà.
Siamo, in un certo senso, contrari ai naturalisti. Il loro linguaggio è vecchio stile ed è consigliabile non imitare i bizzarri neologismi di alcuni di essi, né il loro modo di usare il vocabolario e il gergo di tutti i mestieri. Né vogliamo essere imbarazzati da queste dottrine sociali che tendono a distorcere le opere letterarie.
Sono rimaste due cose. Innanzi tutto, audacia nella scelta dei soggetti: non fuggire un certo cinismo senza affettazione e una certa banalità - oserei dirlo - di buon gusto. E, soprattutto, farla finita con i personaggi del bellissimo mondo, gli sciocchi che non hanno altra occupazione se non quella di ammantarsi di rosso, i fannulloni che cercano di praticare i cosiddetti vizi eleganti. Vogliamo andare dalle piccole persone, dalle persone mediocri che sono la massa della società e le cui vite hanno anche dei drammi. Alcuni di noi sono quindi determinati a raggrupparsi attorno ad André Thérive, sotto il nome di "romanzieri populisti".
La parola, come abbiamo detto, deve essere presa in senso lato. Vogliamo dipingere le persone, ma la nostra ambizione è soprattutto di studiare attentamente la realtà. E siamo sicuri di estendere la grande tradizione del romanzo francese, quello che ha sempre disprezzato le acrobazie pretenziose, per renderlo semplice e vero."

Una recensione al romanzo Sans âme, di André Thérive
Una recensione al romanzo Sans âme, di André Thérive

 

Prima e dopo il Manifesto Populista del 1929.

Non tutti vedono nel manifesto di Lemonnier un'autentica novità.
Il fermento innovativo del 1930, che vorrebbe condurre scrittori e poeti verso la cosiddetta petites gens ( le piccole storie degli umili, della gente del popolo), a molti non appare poi del tutto nuovo: anzi.

 

La rappresentazione del popolo in letteratura, quando Lemonnier pubblica il suo Manifesto, è ormai una "nouveauté centenaire" (una novità vecchia di cent'anni), per dirla con le parole di Pierre Morgat, che ricordava, ovviamente, Les Mystères de Paris di Eugène Sue e Les Misérables di Victor Hugo.
Procede dalle novelle di Maupassant, dai romanzi di Louis Guilloux (La Maison du peuple), del citato Eugène Sue e dei suoi Les Mystères de Paris 1842 e continua nelle opere di Francis Carco (Jésus-la-Caille 1914) e nelle sue poesie:

Bonjour, Paris!

C’est toujours la même chanson,
O mon amour, que je fredonne :
Tout ce que j’ai, je te le donne,
Nos cœurs battent à l’unisson.

Sur les quais, le long de la Seine,
À Montmartre, près des moulins,
Mes souvenirs entrent en scène :
Bonjour, Paris des assassins !
Bonjour, Paris des midinettes,
Des filles, des mauvais garçons,
Des clochards et des bals-musettes !
Si je te dois d’être poète,
C’est sur un air d’accordéon.

Francis Carco

Ma è certo che questa rappresentazione acquisì una crescente importanza, nel periodo tra le due guerre mondiali, un periodo che coincide con un primo deciso progresso della popolazione, sia a livello economico che, almeno in parte, politico.

Il senso profondo del movimento letterario Populista è nello spirito del tempo. In quello stesso 1929 appaiono altre due opere che della letteratura populista saranno considerate il simbolo: L'Hôtel du Nord primo romanzo di Eugène Dabit e La Table-aux-crevés opera dello scrittore Marcel Aymé.

Del 1930 è anche il saggio Nouvel Age littéraire, opera di Henry Poulaille.

Molti furono, in quegli anni, gli scrittori le cui opere si caratterizzano, almeno temporaneamente, per contenuti di tematica populista; che si tratti di Jean Prévost (Les frères Bouquinquant, Gallimard, 1930) o Pierre Bost (Porte-Malheur, Gallimard, 1932) o del nostro Georges Simenon con i suoi romanzi Maigret e non solo.

Non è un caso quindi se proprio André Thérive, punto di riferimento del populismo letterario e dello stesso Lemonnier, scriva su Temps:

 

Credo proprio di aver appena letto un capolavoro allo stato puro (Le locataire - Gallimard 1934)... Io protesterò sempre quando si accuserà Simenon di scrivere male. Scrive bene, cioè giusto, come necessita. Leggete Les Pitard (1935), un libro straordinario, così complesso e così semplice, e dite se la parola perfezione non è la più esatta per definirlo...".

Il Grande Equivoco sul Populismo.

Le radici della Letteratura Populista, dunque, vengono da lontano, ma si attualizzano e trovano nutrimento nella nuova situazione sociale determinata dagli sconvolgimenti del primo conflitto mondiale.

Eppure, nella considerazione generale, il termine "populista" ha subito goduto di pessima fama e scarsa fortuna.

La lunga querelle sul Populismo.

Da alcuni anni il termine populismo riecheggia nuovamente nel dibattito politico un po' in tutta Europa e, in conseguenza di questo, sono riprese anche le critiche feroci da parte di coloro che giudicano il Populismo niente altro che una forma di demagogia molto pericolosa.

La deriva semantica che ha travolto i termini populismo e populista è stata fin da subito piuttosto violenta e si spiega solo con la lotta serrata e in molti casi cruenta ( il XX è stato un secolo di ferro almeno quanto lo fu il X dell'evo medio), al fine di accaparrarsi il diritto di rappresentare il Popolo.

Una lotta condotta dai tanti soggetti culturali, ma soprattutto politici, interessati a conquistare una progressiva egemonia sulle masse, da quando queste si sono progressivamente trasformate in soggetto della Storia, pur senza mai smettere di rimanerne oggetto.

Molto è frutto di un equivoco e molto di un errore: quello di voler vedere con gli occhi di oggi cose che di oggi non sono.

Anche oggi, che pure la Sinistra più estrema non sa più cosa farsene di Marx e della Dittatura del Proletariato, il termine populismo è ormai relegato ai margini della storia politica e destinato a rappresentare solamente le istanze demagogiche di chi mira al consenso, inseguendo il plauso popolare ed assecondando i desiderata di un Popolo che, secondo gli intellettuali (quelli con la I maiuscola) ragionerebbe esclusivamente con la "pancia".

Come Nasce il termine Populismo?

Al fine di lenire i suddetti mal di pancia si rende qui necessaria una digressione, che spieghi alcune cose sul termine populismo, con preciso riferimento alla situazione francese del 1930.
 

Tutta la diatriba nasce essenzialmente da tre fattori: un equivoco, una ingenuità e un preconcetto.

  1. Un equivoco di fondo sul significato del termine populismo.
  2. L'utilizzo improprio del termine, operato da Lemonnier, motivato da ragioni più che altro "cacofoniche".
  3. Il preconcetto dell'intellighenzia di sinistra che pretendeva (e pretende) l'esclusiva su tutto ciò che rappresenta il Popolo.
L'equivoco sul termine Populismo.

L'equivoco iniziale è spiegato molto bene da Jean Pérus (studioso di letteratura russa) in un suo lavoro intitolato À la recherche d'une esthétique socialiste (1917-1934). Tutto ha origine quando, dopo il 1880, si diffonde in Europa, proveniente dalla Russia zarista, l'eco dei fermenti sociali maturati nell'ambiente intellettuale delle metropoli, che si proponevano di emancipare il popolo e le masse contadine, ma soprattutto di opporsi al potere assoluto degli Zar.
Si trattava di un movimento di matrice liberal/socialista, sicuramente non marxista, maturato in ambito borghese. Un movimento sinceramente rivoluzionario e tutt'altro che demagogico, affermatosi ed evolutosi dentro la società russa nel corso di tutto il XIX secolo.

 

Il nome russo di questo movimento intellettuale e politico fu narodničestvo. Venne tradotto, in Francia, spiega Jean Pérus, partendo dalla base "narod" che significa popolo. Da qui populismo.

In realtà la traduzione più corretta avrebbe dovuto fare riferimento al termine "narodnost"; un termine che comprende in sé il significato sia di popolo che di nazione.
 

Nazional-popolari sarebbe stato il termine migliore per identificare i rivoluzionari russi del 1880, ma si scelse populisti e tant'è.
 

La rivoluzione populista era di matrice nazionalista e borghese e puntava all'emancipazione della borghesia russa, né più né meno dei giacobini francesi del 1789. Il popolo minuto, quello contadino in particolare, era idealizzato e visto come depositario degli antichi valori nazionali russi. Ovviamente per i Boscevichi che conquistarono il potere con il colpo di Stato del 1917, i Populisti, non erano altro che demagoghi reazionari.
 

Socialisti e comunisti europei, allora, chi più chi meno, tutti allineati con Mosca fecero dure campagne, da sinistra, contro il populismo. I liberali e i conservatori ne fecero di altrettanto feroci da destra, poiché allergici ad ogni parola che iniziasse con popolo.
Il termine populista divenne sinonimo di demagogia e buonanotte ai suonatori.

La scelta improvvida di Lemonnier.

La genesi del movimento di Lemonnier, solleva subito interrogativi fondamentali, sia a livello letterario che politico. Le Trésor de la Langue Française (fondamentale dizionario) definisce il populismo come un "movimento pittorico e cinematografico che cerca di rappresentare la vita della classe operaia".

Se l'articolazione tra populismo letterario e populismo politico nasce spontaneamente, lo scrittore Léon Lemonnier, autore di Un Manifesto del populismo, concepisce il "populismo" letterario come un neologismo piuttosto che come un'appropriazione letteraria di un movimento politico.

Al populismo russo, concepito in modo molto politico, si contrappone un populismo francese che si limita agli ambiti letterari e non si considera una letteratura impegnata.

La questione, poi, della scelta del termine populismo, da parte di Lemonnier, per identificare la nuova ed auspicata tendenza letteraria, è altra cosa ancora.

Dovendo egli titolare in qualche modo il suo Manifesto e desiderando, ovviamente, un termine che riassumesse, quasi in uno slogan, i contenuti espressi dal suo articolo, e che colpisse e restasse impresso ai lettori (magari suscitando un po' di polemica), la sua scelta cadde sulla parola Populisme!

La spiegazione ci è offerta  dallo stesso Lemonnier, in un'intervista rilasciata a Radio-Paris nel settembre del 1930. In quell'occasione Lemonnier spiega di aver scelto il termine populisme preferendolo a quelli di humilisme o démotisme (in opposizione al purismo nell'uso del linguaggio letterario), da lui presi inizialmente in considerazione.

In buona sostanza il termine populismo è stato, da lui, ritenuto più evocativo e maggiormente adatto a qualificare lo spirito del nuovo movimento letterario.
Questa scelta ha dato origine fin da subito ad una errata interpretazione del movimento stesso. Non è stata felicissima probabilmente.

Oggi continua a confondere i più ed a creare imbarazzo, dal momento che il termine populismo ha valenza negativa, sia in francese che in italiano, con un significato ormai esclusivamente politico e, come già detto, prossimo o addirittura sovrapponibile al termine "demagogia".

Il Preconcetto Politico sul Populismo.

A cavallo degli anni '30, Léon Lemonnier e André Thérive lanciarono il loro movimento populista, senza forse rendersi conto che altre due tendenze, nella rappresentazione letteraria del popolo, erano con loro in concorrenza.

Due correnti letterarie decisamente più politicizzate, con obbiettivi che andavano molto al di là della sfera letteraria e situate entrambe molto più a sinistra.

Quando dico politicizzate, non lo faccio in senso spregiativo. Sottolineo semplicemente che l'obiettivo ultimo di questi ambienti intellettuali non era limitato ad un rinnovamento letterario, ma ad un più complesso rinnovamento sociale. Addirittura ad una rivoluzione sociale!

In primis la scuola, cosiddetta, proletaria, raggruppata attorno a Henry Poulaille e alla rivista Monde del comunista eretico Henri Barbusse, sostenitori di un'arte di classe che, senza cercare una risposta o dettare un corso d'azione, avesse come obiettivo la presa di coscienza da parte del proletariato della propria condizione.

Presa di coscienza che doveva portare la classe lavoratrice all'emancipazione. Si tratta di una scuola di pensiero sicuramente di sinistra, ma aperta anche agli ambienti anarchici, del sindacalismo rivoluzionario e a quelli trotskisti. Ambienti che entreranno presto in lotta aperta con i marxisti stalinisti.

Secondi, ma non meno importanti, gli scrittori raggruppati attorno al Partito Comunista francese. Scrittori come Louis Aragon e il Paul Nizan del primo periodo, per esempio.

Un ambiente intellettuale in cui è radicata convinzione concepire l'arte, ma anche tutto il resto, come funzionale alla lotta politica. Un ambiente che persegue obiettivi rivoluzionari e condanna l'arte, giudicata "innocua", dei proletari e dei populisti.

Non deve essere dimenticato che, già dal 1920, il Comitato centrale del Partito Comunista Sovietico aveva istituito una commissione, il cui scopo era quello di operare nel campo della semantica, al fine di caricare di significati negativi parole che esprimessero concetti o rappresentassero idee avverse o in competizione con l'ideologia comunista.

Fin dalla sua apparizione la concezione populista fu oggetto quindi di pesanti attacchi da parte di scrittori ed intellettuali di sinistra che l'accusavano di "raccontare il popolo, ma di non essere popolo".
Solo per citarne uno, lo scrittore e critico letterario Jean Guéhenno arriverà a sostenere:

 

Mi dispiace riconoscere nell'utilizzo di questa parola "populismo", una certa demagogia. Demagogia nei confronti del borghese a cui è offerta una nuova immagine del suo nemico, ma creata appositamente per rassicurarlo, perché siamo "populisti" e non popolari, ancor meno plebei. Demagogia nei riguardi del popolo di cui sembra loro importare e verso il quale sono abbastanza generosi da conferire un'anima. Ma potrebbe essere che tutto sia ancora molto più semplice e che gli scrittori della nuova scuola non abbiano pensato a nient'altro che a distinguersi con questo termine, per un certo periodo alla moda, dalla folla degli altri romanzieri.

Un Premio al Romanzo Populista Francese.

Nonostante le infinite polemiche che ne hanno accompagnato la nascita, il populismo letterario francese è riuscito a ritagliarsi un ruolo e un posto nel vasto panorama della Letteratura d'Oltralpe.

In principio è lo stesso Léon Lemonnier che ha l'idea di istituire un salone populista che, annualmente, riunisca romanzieri e pittori della cosiddetta Scuola di Montmartre, ma è merito della poetessa e scrittrice Antonine Coullet-Tessier (1892-1983), la creazione di un apposito evento il cui  scopo sia quello di premiare, ogni anno, il romanzo:

Che prediliga come protagonisti le persone comuni e gli ambienti popolari, a condizione che sia animato da autentica umanità.

Dal Populismo Letterario di Ieri a quello di Oggi.

Il premio Eugène Dabit per il romanzo populista è riuscito ad attraversare il XX secolo per giungere fino a noi. Fedele alle sue origini, questo premio dal nome programmatico è sopravvissuto per tutto il secolo, riflettendo gli sviluppi e le trasformazioni politiche, sociali e letterarie.
 

Tra i movimenti letterari in parte o completamente dimenticati, occupa un posto di rilievo quello del “romanzo populista”.

Gli anni '30 furono segnati dalle opere di Louis-Ferdinand Céline, Louis Aragon, Pierre Drieu La Rochelle e André Malraux. Gli autori populisti sono lontani dall'aver avuto un simile impatto, al punto che alcuni hanno cessato di essere pubblicati dopo la loro morte.

Questa corrente non è tuttavia priva di interesse nel modo in cui interroga la storia, ripensa il romanzo e concepisce il suo rapporto con la politica. Le controversie che divisero il mondo letterario erano in realtà, come abbiamo visto, una trasposizione di controversie politiche.

Quanto le opere premiate siano, oggi, aderenti allo spirito originario del Manifesto del 1929 è abbastanza arduo dirlo. Ed anche inutile.

Il populismo, nel senso inteso da Lemonnier, si è trasformato grandemente, ha preso mille rivoli, si è attualizzato e modificato. Anche il concetto di popolo ha seguito la stessa sorte e non poteva essere diversamente.

Come poi, oggi, si possa definire un romanzo animato da autentica umanità, credo sia altrettanto difficile.
 

Lo era, forse, meno allora, agli esordi di quella marcia che doveva portare les petites gens ad affermarsi come protagonisti (diciamo coprotagonisti) di questo secolo.
Il primo vincitore sarà il romanzo Hôtel du Nord di Eugène Dabit, ne seguiranno molti altri nel corso degli anni.

Il populismo ebbe un'importanza innegabile nel panorama letterario degli anni Trenta. Più in generale, rappresentò una delle tendenze della letteratura, che comprendeva anche scrittori comunisti come Paul Nizan e Louis Aragon, e il scrittori della scuola proletaria di Henry Poulaille e Marc Bernard, ma anche tantissimi altri.

Alcuni esponenti di spicco della scuola proletaria, riceveranno anch'essi le Prix du roman populiste, come, ad esempio Tristan Rémy e Jean Pallu. Persino Jean-Paul Sartre, nel 1940, risulta vincitore con il romanzo Le Mur.
 

Il premio ha conosciuto un'esistenza piuttosto movimentata e non è stato assegnato per lunghi periodi. Per l'esattezza: dal 1937 al 1939, nel 1946 e nel 1947, dal 1978 al 1983 e nel 2020.

Dal 2012 il premio ha cambiato nome ed oggi è conosciuto come Prix Eugène-Dabit du roman populiste. Questo a dimostrazione che il termine "populismo", in ambito letterario, possiede ancora una sua dignità: almeno in Francia!

I Vincitori del Premio per la Letteratura Populista.

Giusto per completezza d'informazione ecco l'elenco di tutti i vincitori del premio nel corso degli anni. Non tutti, naturalmente, ma molti nomi sono di autori di grande fama.

  • 1931 : Eugène Dabit per L'Hôtel du Nord
  • 1932 : Jules Romains per Les Hommes de bonne volonté, tomes I et II e, a pari merito, Jean Pallu per Port d'escale
  • 1933 : Henri Pollès per Sophie de Tréguier
  • 1934 : Marie Gevers per Madame Orpha ou la Sérénade de mai
  • 1935 : Henri Troyat per Faux Jour
  • 1936 : Tristan Rémy per Faubourg Saint-Antoine
  • 1940 : Jean-Paul Sartre per Le Mur
  • 1941 : Jean Rogissart per Le Fer et la Forêt
  • 1942 : Louis Guilloux per Le Pain des rêves
  • 1943 : Marius Richard per La Naissance de Phèdre
  • 1944 : Jean Merrien per Bord à bord
  • 1945 : Emmanuel Roblès per Travail d'homme
  • 1948 : Armand Lanoux per La Nef des fous
  • 1949 : Serge Groussard per Des gens sans importance
  • 1950 : René Fallet per Banlieue sud-est, La Fleur et la souris, Pigalle
  • 1951 : Émile Danoën per Une maison soufflée aux vents
  • 1952 : Herbert Le Porrier per Juliette au passage
  • 1953 : Mouloud Feraoun per La Terre et le Sang
  • 1954 : Yves Gibeau per Les Gros Sous
  • 1955 : René Masson per Les Compères de miséricorde
  • 1956 : Jean-Pierre Chabrol per Le Bout-Galeux
  • 1957 : Jean Anglade per L'Immeuble Taub
  • 1958 : René Rembauville per La Boutique des regrets éternels
  • 1959 : Paule Wislenef per La Polonaise à Chopin
  • 1960 : André Kédros per Le Dernier Voyage du « Port-Polis »
  • 1961 : Christiane Rochefort per Les Petits Enfants du siècle
  • 1962 : Bernard Clavel per La Maison des autres
  • 1963 : Jean-Marie Gerbault per Chers poisons
  • 1964 : René Pons per Couleur de cendre
  • 1965 : Jean Hougron per Histoire de Georges Guersant
  • 1966 : André Remacle per Le Temps de vivre
  • 1967 : André Stil per André
  • 1968 : Pierre Fritsch per Le Royaume de la côte
  • 1969 : Pierre Basson per La Tête
  • 1970 : Maurice Frot per Nibergue
  • 1971 : André Pierrard per La Fugue flamande
  • 1972 : Clément Lépidis per Le Marin de Lesbos
  • 1973 : Jean-Marie Paupert per Mère angoisse
  • 1974 : Raymond Achille de Lavilledieu per L'Amour guêpe
  • 1975 : Raymond Jean per La Femme attentive
  • 1976 : Alain Gerber per Une sorte de bleu
  • 1977 : Claude Aubin per Le Marin de fortune
  • 1984 : Daniel Zimmermann per La Légende de Marc et Jeanne
  • 1985 : Leïla Sebbar per Les Carnets de Shérazade
  • 1986 : Ada Ruata pour Elle voulait voir la mer
  • 1987 : Gérard Mordillat per À quoi pense Walter ?
  • 1988 : Daniel Rondeau per L'Enthousiasme
  • 1989 : René Frégni pour Les Chemins noirs
  • 1990 : Didier Daeninckx per Le Facteur fatal
  • 1991 : Sylvie Caster per Bel-Air
  • 1992 : Pierre Mezinski per Simon Rouverin : le forçat du canal
  • 1993 : Denis Tillinac per Rugby blues
  • 1994 : Jean Vautrin per Symphonie Grabuge
  • 1995 : Patrick Besson per Les Braban
  • 1996 : Hervé Jaouen per L'Allumeuse d'étoiles
  • 1997 : Rachid Boudjedra per La Vie à l'endroit
  • 1998 : Jean-Marie Gourio per Chut !
  • 1999 : Jean Ferniot per Un temps pour aimer, un temps pour haïr
  • 2000 : Philippe Lacoche per HLM
  • 2001 : Daniel Picouly per Paulette et Roger
  • 2002 : Marie Rouanet per Enfantine
  • 2003 : Dominique Sampiero per Le Rebutant
  • 2004 : Laurent Gaudé per Le Soleil des Scorta
  • 2005 : Louis Nucéra per l'ensemble de son œuvre, à titre posthume
  • 2006 : Akli Tadjer per Bel-Avenir
  • 2007 : Olivier Adam per À l'abri de rien
  • 2008 : Jean-Luc Marty per Rumba
  • 2009 : Samuel Benchetrit per Le Cœur en dehors
  • 2010 : Natacha Boussaa per Il vous faudra nous tuer
  • 2011 : Shumona Sinha per Assommons les pauvres
  • 2012 : Thierry Beinstingel per Ils désertent
  • 2013 : Violaine Schwartz per Le Vent dans la bouche
  • 2014 : Dominique Fabre per Photos volées
  • 2015 : Didier Castino per Après le silence
  • 2016 : Hugo Boris per Police
  • 2017 : Titaua Peu per Pina
  • 2018 : Estelle-Sarah Bulle per Là où les chiens aboient par la queue
  • 2019 : Joseph Ponthus per À la ligne. Feuillets d'usine
  • 2021 : Samira Sedira per Des gens comme eux
  • 2022 : Dan Nisand per Les Garçons de la cité-jardin
  • 2023 : Gilles Marchand per Le Soldat désaccordé
  • 2024 : Sorj Chalandon per L'Enragé

Anche per il 2025 una ricca selezione di testi è stata sottoposta ad un'attenta giuria di specialisti.

La scrittrice Clémentine Mélois, vincitrice del Premio per il romanzo populista 2025.
La scrittrice Clémentine Mélois, vincitrice del Premio per il romanzo populista 2025.

I giurati hanno premiato, il 2 aprile scorso, il romanzo Alors c’est bien (Gallimard), della scrittrice Clémentine Mélois. La cerimonia di premiazione ufficiale avverrà il 30 aprile, alle ore 17 e 30 presso l'Hôtel du Nord, e non potrebbe essere diversamente!

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