Sei a Parigi? Oggi ti consiglio una passeggiata in rue Lepic. Lentamente per ammirare meglio questa via di Parigi, ma, soprattutto, perché se sei un fumatore leggermente in sovrappeso come me, di correre proprio non se ne parla.
Rue Lepic. A nord del centro di Parigi in quella che oggi è senza soluzione di continuità Parigi stessa, sorge un rilievo collinoso, la butte Montmartre, un tempo coltivato a orti e vigne. Una manciata di mulini a vento per macinare le granaglie, un piccolo borgo di case basse ed una chiesa: quella di Saint Pierre de Montmartre.
Parigi rue Lepic.
Rue Lepic inizia in Place Blanche, dove il percorso fortificato della vecchia cinta daziaria di Parigi ha lasciato il posto alla piazza e al boulevard de Clichy. La via risale quindi sinuosa la Butte Montmartre fin su in Place Jean-Baptiste Clément.
Un'autentica ascensione, se vogliamo definirla così, che innalza o sprofonda, a parer vostro, verso due "paradisi" molto diversi: il Moulin Rouge, tabernacolo del piacere e del peccato nelle notti parigine da leggenda, in basso, e, su in alto, il Sacré-Cœur, basilica dedicata al martirio di San Dionigi; lassù in cima alla butte.
Per chi è innamorato di Parigi, la rue Lepic non è soltanto una via: è la chiave d'accesso ad un mondo favoloso fatto di ricordi e suggestioni. Cinema, musica, pittura e tanta letteratura.
Non è possibile nominare questa via di Parigi e non pensare immediatamente al film di Claude Autant-Lara La Traversée de Paris, dove proprio, in rue Lepic, Martin e Grandgil (rispettivamente interpretati da André Bourvil e Jean Gabin), scendono la Butte, con nelle valige un maiale, da rivendere al mercato nero.
Certo oggi è tutto un po' diverso da un tempo, ma, con un po' di attenzione e fantasia, nella parte bassa della strada può sembrare di respirare ancora un po' di quell'aria da mercato rionale dei tempi andati; quando dalle botteghe aperte sulla via e dalle carrette lungo i marciapiedi si vendevano ortaggi e verdure à la criée: urlando come in una fiera.
...Chas Laborde, comme tous les solitaires, aimait les foules pittoresques et toujours distinguée de ce Montmartre populaire où le marché de la rue Lepic apparaissait plus gai qu'une fête foraine.
On eût imaginé sans peine qu'un orchestre de cuivres bruyants s'associât à la vente des légumes de banlieue dans les petites voitures alignées le long du trottoir. De belles commères vêtues comme les filles communes de Lautrec présidaient à la distribution des récompenses horticoles: elles offraient une salade comme une croix enrubannée et leurs choux comme des médailles commémoratives. Chas Laborde ne se fatiguait pas de ce délicat spectacle qu'aucune vulgarité de dessin et de couleurs ne pouvait diminuer. Cette élégance de la rue, Chas Laborde la subissait tout naturellement.
Così Pierre Mac Orlan descrive la rue Lepic raccontando del suo amico Chas Laborde (scrittore, giornalista e incisore francese- 1886/1941), che della via parigina era assiduo frequentatore ed amante.
Una passeggiata in rue Lepic nel Cuore di Montmartr.
Pittori, artisti di ogni genere, scrittori e poeti sono da sempre il corollario naturale all'idea stessa del quartiere di Montmartre. Insieme a loro il popolo più minuto con i suoi artigiani, i piccoli commercianti, gli operai delle piccole officine seminascoste al fondo di insospettabili cortili. Tanti locali popolari per bere e divertirsi con semplicità.
Alla fine dell'ottocento quello di Montmartre è ancora un comune fuori dalle mura della capitale e quindi non soggetto alle tante gabelle imposte ai generi introdotti in città.
Così, per risparmiare, sono i parigini a recarsi a Montmartre dove i prezzi degli alcolici, e non solo, sono più abbordabili. Sorgono così sulla collina innumerevoli luoghi dove bere, cantare, consumare un pasto in allegria o un'ora di piacere mercenario ma intrigante. Naturalmente la butte si riempie presto anche di malavitosi d'ogni genere, prostitute con i loro papponi: i romantici quanto famigerati "apaches", con la loro violenza e il loro dubbio codice d'onore.
Spesso, i luoghi di questo divertimento popolare, non sono altro che misere baracche o poco più. Molti di questi locali, in seguito, diverranno famosi entrando nella leggenda. In primis il Moulin Rouge, tanto famoso da diventare il simbolo stesso della Ville Lumiére. Più in alto Au Lapin Agile frequentato da pittori come Utrillo e dove proprio Pierre Mac Orlan trascorrerà i primi difficili anni dopo essere giunto a Parigi dalla provincia.
In rue Lepic, rimane, di quei tempi, il Moulin de la Galette, ultimo dei tanti mulini che operavano sulla Butte. Oggi è un ristorante, ma negli anni d'oro della Montmartre di cui parliamo, si era trasformato in una guinguette: una balera popolare.
Sono gli anni della Bohème parigina. Gli anni dell'assenzio: l'affascinante e terribile Fata verde.
Sono anni leggendari, ma anche anni di miseria nera per tanti artisti che fanno la fame in attesa di un riconoscimento pubblico che, per molti, non arriverà mai o solo dopo la morte.
Abbiamo citato Utrillo, che di Montmartre fu autentico figlio, nel senso che proprio vi naque, ma sono tantissimi gli artisti che hanno legato in qualche modo il loro nome alle vicende della Butte.
Uno per tutti il grande pittore Van Gogh che abitò al numero 54 della rue Lepic per un paio d'anni, presso il fratello Théo, dal 1886 al 1888. Più in alto, al numero 98 è ancora visibile l'abitazione dove il medico e scrittore Louis Ferdinand Céline abitava nel 1928 curando, quasi gratuitamente, i suoi pazienti e scrivendo nel frattempo molte delle sue opere meravigliose e controverse.
Passeggiare in rue Lepic è proprio come attraversare una leggenda, quindi, e non potrebbe essere diversamente dato il luogo in cui si trova questa via lunga e tortuosa, Parigi, e la sua non altrettanto lunga, ma singolarissima storia.
Si, perché quello della rue Lepic, oltre che ripido, è un percorso piuttosto insolito e tortuoso, per una via di Parigi. Ma insolita è anche la storia di questa strada.
L'eroico generale Louis Lepic.
Si narra che un bel giorno del 1809, l'Imperatore Napoleone I decise di recarsi personalmente a visionare il telegrafo ottico modello Chappe, istallato su di una torre realizzata nella chiesa di Saint-Pierre.
A quel tempo la futura rue Lepic non è altro che un sentiero di campagna appena accennato sul terreno. Per accedere alla collina la via più diretta è quella chiamata Chemin Vieux, oggi rue Ravignan, ma è particolarmente ripida e, causa anche la pioggia, l'Imperatore è costretto a scendere da cavallo e terminare a piedi il percorso. Dopo questo spiacevole episodio, Bonaparte, decide che una via più agevole deve essere realizzata per salire la butte.
Nasce così il cosiddetto Chemin Neuf. Più tardi la via prenderà i nomi di rue de l'Empereur e rue Royale, poi, nel 1864 (pochi anni dopo l'annessione di Montmartre alla municipalità di Parigi, avvenuta nel 1859) ecco l'intitolazione al generale Louis Lepic, eroe dell'armata napoleonica. Di lui si dice che avesse ricevute tante medaglie al valore quante ferite sul campo di battaglia!
Lepic, che fu ufficiale dei Granatieri della Guardia, inaugurò la sua personalissima collezione con un colpo d'arma da fuoco ricevuto alla coscia, durante la campagna di Vandea. Seguirono poi sette sciabolate, ricevute alla testa e una alla spalla, una pallottola in un braccio durante la Campagna d'Italia, due baionettate e un altro paio di colpi sferratigli con il calcio del fucile alla battaglia di Eylau.
Partecipò a tutte le campagne napoleoniche, compreso l'ultima nei cento giorni, ma, nonostante questo, gli riuscì di morire nel suo letto a 62 anni compiuti. Età magari non esattamente veneranda, ma, considerando la vita che condusse, abbastanza soddisfacente.
Con il viatico di cotanto nome la rue Lepic non poteva diventare altro che una delle più famose vie di Parigi. Anche se, ovviamente, tanta fama gli viene più dall'essere l'accesso privilegiato a Montmartre, luogo magico e, direi, mitico, destinato a fondere la propria storia con quella della Ville Lumière, che dalle medaglie dell'eroico generale cui è intitolata.
Strada squisitamente popolare, rue Lepic, dove un'umanità variopinta e fervente di attività, si muove tra marciapiedi affollati e vicoli bui che portano al fondo di cortili imprevisti, dove si aprono vecchie botteghe o le uscite secondarie di alberghetti equivoci. Lo sfondo ideale per storie di vita quotidiana di gente comune, travolta da drammi improvvisi e disperati.
Questo magari più ieri che oggi. Di negozi ne esistono ancora, ma sono più per turisti che per gli abitanti della via. Di botteghe artigiane nascoste, molte, ma molte di meno.
Perché oggi la via d'accesso a Montmartre è tra le più frequentate dai turisti che, da tutto il mondo, vengono a cercare la Parigi che hanno imparato ad amare da tanta letteratura, cinema e canzoni. Una Parigi che ancora esiste, ma bisogna saperla cercare. Più con gli occhi del cuore che con quelli della testa.
Così un primo assaggio del bel tempo che fu lo troviamo spingendo, al n°23 della rue Lepic, la porta a vetri di quella che è certamente una delle più antiche confetterie di Parigi: À la mère de famille. Il negozio originale esiste ancora in rue du Faubourg-Montmartre 35, ma ne sono stati aperti altri in vari punti della città e tutti con la vetrina ispirata a quella antica ed originale.
Certo oggi le automobili parcheggiate hanno preso il posto delle carrette dei venditori ambulanti e l'antica Boulangerie all'angolo con rue Coustou ha deciso di colorare di un orribile rosa l'antica e molto più affascinante (e discreta) vetrina del 1901.
Pazienza. Proprio lì in faccia, possiamo ancora ammirare quello che oggi si chiama Brasserie Lux Bar ed un tempo era A la Croix Blanche. Per fortuna è cambiato solo il nome e, all'interno, ti ritrovi immediatamente immerso nella più autentica delle atmosfere parigine alla Maigret.
Legno, stucco, metallo, luci soffuse: alle pareti le ceramiche di Gilardoni. Tutto sembra essersi fermato lì, a quei primi anni del '900 parigino. Qui al Lux Bar era di casa il poeta e compositore Bernard Dimey, autore di tante canzoni poetiche spesso scritte in "argot" nella migliore tradizione della canzone realista di Aristide Bruant. Molte di queste canzoni sono state interpretate da importanti chansonnier francesi come Charles Aznavour, Yves Montand, Juliette Gréco.
I bistrot della rue Lepic.
Poco oltre lo storico Lux Bar, ma sul marciapiede opposto, proprio all'angolo con la rue Cauchois, ecco un altro locale molto più noto al grande pubblico del turismo internazionale: le Café des deux Moulins. Il locale non è certo l'unico di Parigi ad aver ospitato un set cinematografico, ma è divenuto meta di incessanti pellegrinaggi dopo il successo del film Il favoloso mondo di Amelie ( Le Fabuleux Destin d'Amélie Poulain) di Jean-Pierre Jeunet e interpretato dall'attrice Audrey Tautou.
Il locale si trova al numero 15 di rue Lepic. Un classico bistrot anche questo, intendiamoci, anche se meno antico del precedente (l'apertura risale al 1950), gestito molto bene, soprattutto da quel Claude Labbé che lo ha acquistato nel 1986 e gestito fino al 2003 con grande professionalità.
Più si sale nella via e più si ritrova l'ambiente discreto di una via da cittadina di provincia (turisti permettendo). Oltrepassato l'incrocio con la rue des Abbesses e la piccolissima place Anne-Marie Carrière, ecco piano piano diradarsi, senza scomparire del tutto, le varie attività commerciali. Poi restano soprattutto i bistrot. Tutti meriterebbero una visitina, ma evidentemente il fegato potrebbe risentirne. Forse ci riuscì Jacques Yonnet, certo ci riesce Maigret, ma è una prerogativa dei personaggi letterari!
Uno su tutti e solo per restare in tema di letteratura e non fare torto a nessuno: La cave de Gaston Leroux, al numero 106, quasi al culmine della rue Lepic. Gestito da Véronique Leroux, pronipote del famoso autore de Il Mistero della Camera Gialla. È, allo stesso tempo, un bistrot della migliore tradizione parigina ed una sorta di piccolo museo dedicato all'opera del famoso antenato, ai suoi libri e personaggi. Ottimo cibo, ottima atmosfera, prezzi accessibili. Ma come ripeto: luoghi dove vale la pena di una visita è piena la via.
L'aver citato Gaston Leroux conduce inevitabilmente alla letteratura poliziesca e, altrettanto inevitabilmente, al nostro commissario Maigret ed al suo autore Georges Simenon.
La Rue Lepic di Simenon e Maigret.
Fin dal primo romanzo che da l'avvio alla serie dei Maigret, "Pietr il lettone", ritroviamo il nostro Commissario proprio in rue Lepic. Lui è ferito e si inerpica, con fatica, lungo il sinuoso percorso in salita, alla ricerca della pensione popolare dove vive un testimone: il ballerino José... che il Commissario vorrebbe interrogare.
Rue Lepic era a due passi. Ma si trattava di una strada in salita e il 71 è molto in alto. Maigret dovette fermarsi due volte perché gli mancava il fiato. Alla fine si ritrovò davanti alla porta di un meublé sul genere dell'Hôtel Beausèjour, ma ancora più squallido e suonò. L'uscio si aprì automaticamente.
Molte altre le semplici citazioni della via di Montmartre, dei suoi colori e del suo mercato:
...Sono Janvier...Telefono dal caffè all'angolo con rue Lepic...". Maigret rivede la strada in pendenza, i carretti dei venditori ambulanti di frutta e verdura, le casalinghe in ciabatte, tutto il brulichio colorato di place Blanche, e l'ingresso, tra due negozi, dell'Hotel Beausèjour, dove gli è già capitato di fare delle indagini." - Félicine est là -
Ancora la rue Lepic e la vicina rue Tholozé, che inizia da rue des Abbesses, in basso, tagliando la rue Lepic come la corda di un arco. Proprio qui Simenon colloca l'abitazione e il magazzino di quel Léonard Planchon, di professione imbianchino: protagonista del romanzo Maigret et le client du samedi. Una delle figure più struggenti, patetiche e disperate uscite dalla penna del romanziere belga.
La signora Maigret indossò la pelliccia di astrakan e Maigret prese la sciarpa più pesante.
<Dove vuoi andare?>
<A Montmartre.>
<Già, me ne hai parlato ieri. Prendiamo il metrò?>
<Staremo al caldo.>
Ne uscirono alla stazione di Place Blanche e cominciarono a risalire lentamente la rue Lepic, dove le serrande dei negozi erano tutte abbassate. All'altezza di rue des Abbesses, rue Lepic fa una curva a gomito, mentre rue de Tholozé prosegue dritta con una ripida salita per poi incrociarla nuovamente all'altezza del Moulin de la Galette.
<Abita qui?>
<Un po' più su. Proprio ai piedi della scala...>
Rue Lepic in Musica.
Rue Lepic, dans le marché qui s'éveille dès le premier soleil
Sur les fruits et les fleurs, viennent danser les couleurs
Rue Lepic, voitures de quatre saisons offrent tout à foison
Tomates rouges, raisins verts, melons d'or z'et primevères
Au public, et les cris des marchands s'entremêlent en un chant
Et le murmure des commères fait comme le bruit de la mer
Rue Lepic, et ça grouille et ça vit dans cette vieille rue de Paris
Rue Lepic, il y a des cabots et des gosses à Poulbot
Aux frimousses vermeils qui se prélassent au soleil
Mais surtout, il y a une belle fille aussi belle que l'été
Elle marche en espadrilles et rit en liberté
Rue Lepic, et la rue est toute fière de son beau regard clair
Et de sa belle santé, et qui l'a enfantée
Et toujours la fille avec amour, à sa rue dit bonjour
Et la rue extasiée la regarde passer
Et la rue monte, monte toujours
Vers Montmartre, là-haut, vers ses moulins si beaux
Ses moulins tout là-haut, rue Lepic.
Io dubito molto che, trovandosi a Parigi magari solo per pochi giorni, un essere umano normale pensi di passare una serata al cinema. Nonostante questo, se proprio non se ne potesse fare a meno, ecco al n° 10 di rue Tholozé, il famosissimo Studio 28. Un vero cinema, dove si entra ci si siede e si guarda un film, ma anche un bar, un giardino ed un autentico pezzo della storia del cinema.